11. Auto
Oggi inizia un week-end atipico. Sono infatti via da ieri, senza il resto della famiglia, con amici, in campagna.
La distanza dalla consueta ubriacatura di stimoli e di attività che spesso descrivo qui mi pare quasi innaturale. Niente board, spesa, compiti, racconti. Solo chiacchiere di adulti e tra adulti, senza fretta e ipervigilanza. Incredibile.
Questa newsletter si chiama Vulnerabile e racconta - da genitore e prima ancora da persona - il rapporto con mio figlio.
Lui ha una malattia genetica rarissima che causa una disabilità psicomotoria grave. Fa tante cose che appaiono complesse, ma altre, più semplici, restano sfide enormi.
Vulnerabile esce di sabato, che è il nostro momento insieme. O almeno vorrei che lo fosse.
Sono venuto qui in auto, da solo. Una delle situazioni che preferisco in assoluto. Mi piace guidare, mi piace pensare mentre sono al volante e mi piace concentrarmi sulla musica, sui panorami e sulle strade. L’auto mi pare sempre una magia: il funzionamento di comandi, spie e suoni mi affascina.
Mio figlio ha ereditato parte di questo stupore. E l’ha unito alla sua curiosità ed alla totale resistenza alle richieste che gli faccio.
“Siamo arrivati, scendi che andiamo a scuola”. Gli apro la porta e lo trovo con un ginocchio tra i sedili anteriori intento a giocare con il display del navigatore. Musica accesa, musica spenta, freno a mano tirato (la sicurezza innanzitutto), luci di emergenza. Ieri mattina persino tergicristalli nella posizione “neve”, un comando che non so attivare nemmeno io.
Se non abbiamo fretta lo guardo divertito. Se, al contrario, abbiamo un’agenda fitta di attività e siamo in ritardo vivo una situazione di grande disagio. Provando a insistere ottengo l’effetto opposto: si irrigidisce. Allora fingo di andarmene e la strategia, a volte, funziona: dopo pochi minuti scende e mi viene a cercare. La realtà è che non riesco ad avere un approccio coerente e che il mio atteggiamento è ambiguo. Da un lato sono compiaciuto del fatto che riesca ad essere concentrato in modo così efficace e duraturo (cosa assai rara, purtroppo), dall’altro vorrei che scendesse e seguisse il mio programma e, infine, temo che combini qualche guaio. Un paio di anni fa schiacciò il tasto SOS e dovetti convincere un operatore tedesco che non avevamo avuto un incidente.
Gabriele
Questo interesse e la tendenza a trafficare con tasti, cambi e volanti trova la sua massima espressione quando andiamo insieme a visitare qualche museo o mostra-mercato di auto d’epoca.
Lo scorso anno, a Novegro (Milano), dove si tiene uno dei principali appuntamenti per appassionati di auto d’epoca, il proprietario di una Chevrolet El Camino (il pickup reso famoso dal film omonimo) gli ha offerto di fare un breve giro. In genere non si fida e ha paura, ma non in quel caso. È salito e, incuriosito, ha accompagnato quel collezionista così ospitale per qualche decina di metri, senza toccare nulla.
Si chiamava Mauro. Mio figlio ha sostenuto di chiamarsi Gabriele, uno dei nomi che finge di avere, oltre al mio. Non l’ho smentito. A bordo di un’auto, la libertà di movimento diventa libertà di identità, perché la strada accoglie chiunque voglia reinventarsi.
Ci vediamo sabato prossimo.
“No one you have been and no place you have gone ever leaves you. The new parts of you simply jump in the car and go along for the rest of the ride. The success of your journey and your destination all depend on who's driving.”
“Nessuno dei tuoi io passati e nessun luogo in cui sei stato ti abbandona mai. Le nuove parti di te semplicemente salgono in macchina e ti accompagnano per il resto del viaggio. Il successo del tuo percorso e la tua destinazione dipendono totalmente da chi è alla guida.”
Bruce Springsteen, Born to Run, 2016



Già vedo Gabriele che traffica ai comandi cantando: Cadillac, Cadillac... I'm gonna pack my pa and I'm gonna pack my aunt, I'm gonna take them down to the Cadillac Ranch 🎶
😄
Io adoro il gioco di assumere identità diverse. È fantastico e liberatorio. Stefano per me è sempre più un maestro di vita 💓