Bentrovati!
Le vacanze sono archiviate, mentalmente e digitalmente, nelle foto che ogni tanto riguardiamo, le valigie sono tornate negli armadi e riprendiamo i ritmi e le pianificazioni settimanali.
E allora? Come è andata?
Questa newsletter si chiama Vulnerabile e racconta - da genitore e prima ancora da persona - il rapporto con mio figlio.
Lui ha una malattia genetica rarissima che causa una disabilità psicomotoria grave. Fa tante cose che appaiono complesse, ma altre, più semplici, restano sfide enormi.
Vulnerabile esce di sabato, che è il nostro momento insieme. O almeno vorrei che lo fosse.
Bene e faticoso insieme. Tre settimane nel Sud-Ovest della Norvegia, tra fiordi, città e ghiacciai: un viaggio magnifico, ma impegnativo da gestire con mio figlio.
L’ultima sera, a Oslo, mentre leggevo a letto, sentivo parlottare mia moglie e mia figlia nella stanza accanto e pensavo: “Ok, ce l’abbiamo fatta. Basta solo restituire l’auto, buttare la spazzatura, i regali li abbiamo presi e domani siamo a casa”.
In realtà, non ho ancora un distacco sufficiente per capire e raccontare bene come l’abbia vissuta. Ma, paradossalmente, sono in grado di riflettere in modo più equilibrato su una breve vacanza che abbiamo “aggiunto”, dopo il tour scandinavo.
Mia moglie ed io, infatti, abbiamo preso l’abitudine di passare, ogni anno, qualche giorno, a turno, da soli con i nostri figli. Sono, spesso, dei week-end lunghi, durante i quali ciascuno di noi, senza altri, cerca di risintonizzarsi sulla lunghezza d’onda dei ragazzi, ascoltarli, farsi ascoltare e costruire una breve esperienza da ricordare.
Particolarmente sollecitato dalle vacanze di quest’anno, ho accolto volentieri il suggerimento di mia moglie di proporre qualcosa di molto rilassante per il break con mio figlio.
Lunedì scorso, quindi, lui ed io siamo partiti alla volta di un accogliente agriturismo in Toscana, a pochi chilometri dal mare e con due piscine, incredibilmente (per me) senza un programma, delle narrazioni, dei fogli di carta già compilati.
La cronaca è che siamo stati insieme da lunedì a giovedì, abbiamo passato molto tempo in piscina e con famiglie che, come noi, volevano solo rilassarsi, abbiamo fatto una breve visita a Pisa per vedere la torre e, sulla via del ritorno, una sosta all’Acquario di Genova.
Nel complesso tutto bene. I momenti difficili sono sempre stati legati al suo carattere esuberante ed empatico e alla sua incapacità di comprendere i limiti. In particolare, a Pisa, abbiamo passato forse un’ora a parlare con i camerieri dei vari ristoranti tra piazza dei Miracoli e il Lungarno (dove avevo parcheggiato) per conoscere il menù della sera, sapere se avessero posto e se servissero la pasta al pesto. Impossibile convincerlo ad andare via. Un tempo di prolungato imbarazzo.
Questo comportamento è un po’ il nucleo di tutte le difficoltà che abbiamo. Non riusciamo a trovare delle strategie che funzionino e, in qualsiasi contesto, che sia in Toscana, in Liguria o in Norvegia, questo è quanto ci mette più in crisi.
Il problema risiede anche nel fatto che le persone, in genere sconosciute, che si relazionano con lui in questi momenti di marcata empatia adottano, a loro volta, comportamenti, in genere, non efficaci per “toglierselo di torno”.
All’Acquario di Genova, poi, il miracolo. Chiede il nome prima a una signora che guardava le foche, poi al suo compagno e ai suoi figli.
Lei domanda: “Ma sai come fanno le foche?”
Lui batte le mani tra loro, imitandole.
Ridono entrambi.
Lei prosegue e lui continua a ridere trascinandomi a rivedere gli animali.
Dopo un po’ gli chiedo: “Ma sai cosa sbattono le foche?”
Mi guarda serio, stringe indice e pollice della mano destra, agitandola: “Chele, si chiamano chele”.
Ok.
Ci vediamo sabato prossimo.
Bello ritrovare questa affettuosa inquietudine! Come diceva un tale: "Finché siamo inquieti, possiamo stare tranquilli".
😍
Cosa sbattono le foche 🦭? 😳🧐