Lunedì sera andrò al concerto di Bruce Springsteen a San Siro. Con mia sorella, non con mio figlio, anche se credo che prima o poi proverò a farlo scatenare dal vivo, visto il suo amore per la musica.
Questa newsletter si chiama Vulnerabile e racconta - da genitore e prima ancora da persona - il rapporto con mio figlio.
Lui ha una malattia genetica rarissima che causa una disabilità psicomotoria grave. Fa tante cose che appaiono complesse, ma altre, più semplici, restano sfide enormi.
Vulnerabile esce di sabato, che è il nostro momento insieme. O almeno vorrei che lo fosse.
Ci ho pensato questa settimana per via di Rosalita, un classico sulla ribellione degli inizi della carriera del Boss: un lui cerca di convincere una lei a uscire per far baldoria, assieme ad un gruppo di amici dai soprannomi improbabili (Little Dynamite, Little Gun, Jack The Rabbit). I genitori di lei si oppongono. Per convincerla, lui elenca tutte le cose che insieme potrebbero fare per divertirsi.
Tra queste: “We're gonna play some pool, skip some school, act real cool” (“giocheremo a biliardo, salteremo la scuola, faremo veramente i fighi”).
Sabato scorso mio figlio ed io abbiamo giocato a biliardo. L’ha ricevuto a Natale da sua zia e ogni tanto “facciamo veramente i fighi”.
Liberiamo per bene il tavolo da pranzo, allontaniamo le sedie, appendiamo un foglio per prendere nota dei punteggi, ci scattiamo un selfie con la macchina istantanea per rappresentare i giocatori e, infine, mettiamo il biliardo sul tavolo.
“A cosa serve il dado?”
“Non è un dado, è il gessetto per le stecche, guarda si deve fare così”
“Io vinco”
“Eh, aspetta, vediamo”
La partita, tra una cosa e l’altra, dura una mezz’ora buona, che è un miracolo considerando la soglia di attenzione media. Ha molte caratteristiche che funzionano per noi.
Il cerimoniale, innanzitutto, (“Ginocchia morbide”), la difficoltà (sia io sia lui raramente mandiamo in buca, a meno di qualche aiutino fuori regola ogni tanto) e, infine, il climax che ad ogni tiro possiamo vivere (“Noooo, sbagliatooooo”).
E ovviamente funziona il fatto di “act real cool”: lui non coglie i riferimenti ai bar, a “Lo spaccone” e “Il colore dei soldi”, ma il mood assolutamente sì.
“Ce la crediamo” moltissimo.
Alla fine, tra regole inventate e tiri storti, ha vinto lui e anche con un buon vantaggio. Ci siamo battuti il cinque e abbiamo provato a raccontare l’esperienza a mia moglie e mia figlia che però non si sono mostrate interessate.
Alla fine le tradizioni migliori sono quelle inventate. Io non so giocare a biliardo, ma trovo estremamente semplice trasferire a lui, che interpreta benissimo, un mondo di ritualità che proviamo insieme a visitare con ironia.
Ci vediamo sabato prossimo.
Cool! Sarà veramente interessante anche quando un giorno andrete insieme ad un concerto!
Adorabile. Non vulnerabile.